venerdì 16 maggio 2008

Silenzio Ingombrante

E' trascorso un mese dalla pesante sconfitta elettorale che, sia sul piano nazionale che locale, è stata il segnale di un distacco che si è venuto a creare tra il nostro partito e parte della popolazione, dei cittadini, della cosiddetta società civile. Bene, la domanda che da un po’ di tempo mi pongo e che oggi, con queste poche righe, intendo porre a chi leggerà questo articolo è: COSA E’ STATO FATTO E COME INTENDIAMO PROCEDERE PER TENTARE DI RICUCIRE LE CESURE??
Riguardo al primo punto della domanda, credo che la risposta più condivisibile sia: niente o quasi niente. Giustifichiamo il tutto dicendo che il periodo post-elettorale serve per metabolizzare, riorganizzare le idee; in modo da essere in grado di porre in essere delle azioni coerenti con il ruolo che il risultato delle urne ci ha affidato. Niente di più vero, ma ora? Non è forse giunto il momento di comunicare il risultato frutto della riorganizzazione delle idee e delle riflessioni post-elettorali? Io credo proprio di si. Credo che tal momento non è più rimandabile, rinviabile. È giunta l’ora di interrompere un silenzio che ormai sta diventando difficile da capire per chiunque. La cittadinanza, e la società civile di cui si vuole essere primi interlocutori, sentono il bisogno di confronto, vogliono poter esprimere opinioni, comunicare pensieri, sentire che il PARTITO DEMOCRATICO non è un sistema di potere auto-referenziale incapace di sostenere la discussione e di offrire soluzioni. C’ è bisogno di incontri che offrano la possibilità di discutere, di esprimersi, di sentire che è possibile comunicare i propri disagi, le proprie aspettative. Perché C’E’ QUALCUNO CHE TI ASCOLTA, QUALCUNO CAPACE DI RACCOGLIERE PROPOSTE VALIDE E TENTARE DI REALIZZARLE, QUALCUNO IN GRADO DI FORNIRE RISPOSTE AI NUMEROSI QUESITI CHE OGNI UOMO SI PONE. Credo che questo qualcuno possa, anzi diciamo debba, essere il Partito Democratico. E' per questo che ho deciso di partecipare attivamente alla vita del partito. Ora è giunto il momento di mettere in pratica la teoria, di interrompere un silenzio che è sempre più ingombrante, o non diventeremo mai quello che speriamo di essere.
Gianluca Cervale

lunedì 12 maggio 2008

Il bello e la bestia

L’affabile cortesia di Fabio Fazio ha fatto danni: Marco Travaglio, intervistato durante "Che tempo che fa", ha parlato di rapporti del nostro nuovo Presidente del Senato Schifani con persone condannate per mafia. Il risultato è stato un putiferio e, come al solito, tutta la classe politica, PD incluso, ha criticato il giornalista, adducendo la discutibile argomentazione che la libertà di espressione non può essere una scusa per offendere qualcuno senza che questi abbia opportunità di contraddittorio. Magari mi sbaglio, ma credo la libertà di espressione sia più importante della paura di offendere qualcuno. Ognuno può dire quello che vuole, ma se danneggia la dignità di una persona dicendo il falso, la presunta vittima può denunciare l’accaduto. Credo debba funzionare cosi, e non è giusto minacciare consigli di amministrazione Rai che possano intimorire i conduttori televisivi in modo da creare un’autocensura a priori. SE Travaglio ha screditato Schifani senza motivo, che sia oggetto di querela da parte di Schifani. MA se Schifani fa intervenire i vertici Rai e i suoi amici politici, che all’unanimità (solo Di Pietro si è schierato con Travaglio) si scagliano contro il giornalista, e SE Schifani non denuncia Travaglio, cosa dovrei pensare?
La giustizia la fanno i tribunali, non le dichiarazioni rilasciate alla televisione, e anche se 1-2-3-4-5-10-100 politici rilasciano la stessa intervista, il succo non cambia, la giustizia la fanno i tribunali: Schifani querelasse per calunnia Travaglio altrimenti faccia silenzio, lui e tutto il suo fascio.

martedì 6 maggio 2008

Il Sindacato

Nell’epoca delle caste, sotto la lente di ingrandimento è finita anche quella sindacale, che forse quanto quella politica, se non di più, è diventata un’èlite consolidata di potere, soldi e affari. Gli iscritti al sindacato, meglio se nelle grazie di qualche suo esponente accreditato, entrano in uno scudo protettivo che non fa altro che alimentare il ceto.Spesso anche “con il benestare” o forse sarebbe meglio dire con la collusione “di un sistema politico giunto ai minimi della popolarità e spaventato dalla loro capacità di mobilitazione”, quelli che dovrebbero rappresentare i lavoratori, hanno raggiunto un potere, economico ma non solo, che non fa altro che alimentare le spese della collettività.Ostaggio di questa casta, il parlamento approvò anche una legge che concedeva loro la possibilità di licenziare i propri dipendenti senza rischiarne poi il reintegro; alcuni disparati deputati, negli anni, tentarono invano di proporre provvedimenti nel tentativo di obbligare i sindacati a fare luce sui loro conti.Con la complicità-collusione della politica, i sindacati, che ricevono automaticamente dagli enti previdenziali le trattenute dei loro iscritti, si sono visti confermare questa consuetudine del vitalizio, e respingere la proposta di Forza Italia che chiedeva di introdurre un periodico rinnovo.I sindacalisti, di ogni estrazione, ma, come al solito, l’esser di sinistra è inversamente proporzionale al proprio status, aumentano sempre più quello scollamento che rimproverano alla classe politica, con uno standard di vita ed uno status economico che ben poco ha a che vedere con i lavoratori che pretendono di rappresentare.Seppur l’emblema del sindacato non è detto che sia lo spaccato dei patronati siciliani in cui vengono distribuite buste della spesa alla vigilia delle regionali, con su scritto il nome del candidato, è senza dubbio verosimile che chi siede ai tavoli di contrattazione, nazionali e non, per rappresentare i lavoratori, finisca per avere una percezione maggiormente diversa dalla realtà di quanto non l’abbia il politico di turno.E noi paghiamo, anche per loro, per le loro strutture, per la loro bella vita, per i loro permessi, per i loro funzionari, per le loro auto di lusso, mantenendo in vita tre carrozzoni fondamentalmente autoreferenziali e volti a tutelare e garantire solo se stessi.I delegati delle tre centrali sindacali sono 700 mila, sei volte più dei carabinieri, con forza lavoro gratuita perché pagata da noi coi dipendenti statali distaccati e con privilegi che non ha più neppure il parlamento: lo sconto sui contributi sociali, che per i funzionari in aspettativa distaccati sono a carico nostro.

Marco Signori