giovedì 2 ottobre 2008

Tanto sono tutti uguali

Riporto alcune righe scritte da Simona Colarizi in Storia Politica della Repubblica, a proposito della prima tangentopoli:

Caratteristica dell’Italia è la sua debolezza congenita che, per quanto lucidamente consapevole dei meccanismi degenerati del sistema, esprime una rappresentanza a sua immagine e somiglianza. Il secolare deficit di senso dello Stato e l’acquisizione relativamente recente dei valori di democrazia, pesano nell’acquisizione della piena e consapevole cittadinanza che si compone di diritti ma anche di doveri. E per rendersene conto, basta considerare la vastità dell’evasione fiscale, della resistenza alle regole, dei comportamenti privati e pubblici ai limiti e oltre i limiti della legalità. Quel meccanismo, consenso in cambio di voti, alla base della partitocrazia, di per sé indica una collusione di fatto con la classe politica che non piace, ma viene mantenuta al potere fino a quando assicura favori e protezione. L’interpretazione di un crollo della prima Repubblica, abbattuta a furor di popolo grazie ai giudici che hanno smascheratole le malefatte dei partiti, è sicuramente consolatoria per la coscienza degli italiani.”

In questi giorni in America sta andando in onda un video delle Star di Hollywood per spronare gli elettori giovani:
«Non votare: a meno che non ti importi qualcosa dell’economia. O dell’educazione dei bambini, del riscaldamento globale, della guerra, del terrorismo, del diritto all’aborto, del Darfur, all’assistenza sanitaria. E solo in questo caso, allora sì, vale la pena votare. Perché votare, non è solo un dovere civico: è l’unico modo per cambiare le cose».

Non è molto che mi interesso di politica, ma è da sempre che cerco di capire la società in cui vivo.
Sempre più spesso mi capita di sentire giovani amici risentirsi della mia attività nel partito, convinti che l'unica soluzione sia non votare. «Tanto sono tutti uguali», dicono.
Proprio adesso che l’Abruzzo si ritrova meridionale e corrotto, credono di sopraelevarsi isolandosi dal sistema. Troppo facile.
Se la metà di quelli che non si sentono rappresentati dai partiti politici entrassero in uno di essi dando una mano alla minoranza “giusta” che è già inserita (perché qualche disinteressato c’è sempre), si potrebbe ribaltare la guida di questi oscuri protagonisti della partitocrazia italiana.
Ma finché l’interesse individuale verrà prima del benessere collettivo, finché sarà più facile generalizzare e rinunciare a combattere per una società migliore piuttosto di partecipare e giocarsela, fin quando farà comodo avere l’alibi della classe politica corrotta e ci si accontenterà di esso, allora vorrà dire che ci meritiamo tutto questo. Non ci meritiamo, però, la possibilità di criticare dall’alto.

Luigi Ranieri

3 commenti:

Anonimo ha detto...

Che cos'è mai la "minoranza “giusta”"!?
E se anche esistesse, come fai ad entrarci e pensare di ribaltare le cose dall'interno di un ente che tu stesso hai preferito - e scelto! - in quanto giusto? Probabilmente il tuo invito è una sorta di "ribaltiamo le cose dall'interno" usando chi già sta cercando di farlo (o dice di starlo facendo!). Però allora sarebbe preferibile partire da capo con una minoranza nuova e giusta per i suoi partecipanti, cosa ben più difficile e rischiosa. Non credo che in una democrazia si possa parlare molto facilmente di un giusto a livello astratto: non sarebbe democrazia se uno solo sapesse cos'è Giusto per tutti. Se poi la "minoranza giusta" tu vuoi intenderla solo funzionalmente al tuo scopo sovversivo, il discorso cambia. E forse il pd in questo momento presenta le maggiori debolezze interne e si presta facilmente al tuo gioco.

marco signori ha detto...

Caro Luigi,
i tuoi giovani amici quasi sicuramente non meritano il diritto di parola e di giudizio della politica, non essendo mai neppure entrati in una sede di partito o non avendo mai assistito ad un'iniziativa politica, quale che essa sia.
Ma chi come me, ha vissuto un'esperienza politica in prima persona, molto umilmente può arrogarsi il ditritto di dire che sì,"sono tutti uguali".
Ma solo avendole vissute certe cose, non per sentito dire o per superficialità qualunque, come la stragrande maggioranza dei nostri coetanei.
Marco

Luigi ha detto...

Ciao Ragazzi!
Grazie per i commenti molto interessanti.
Il primo anonimo ho ragione. Davo per scontato che "giusto" per me signofica "disinteressato e volto a migliorare la società". Non ha a che fare con destra e sinistra. Probabilmente anche una "giusta" politica di destra riuscirebbe meglio di una corrotta politica di sinistra. E' la solita storia che quasi sempre si può raggiungere con strade diverse. Ecco perchè ho sempre contestato gli amici della Giovanile DS che hanno lasciato il PD. Premettendo che per me erano i migliori e sono approdati in luoghi politici dove si parla più la mia lingua di quanto se ne parli nel PD, penso sarebbe stato meglio restare uniti ed insieme cercare di spostare il baricentro del PD a sinistra e verso ciò che crediamo più "giusto". Non è importante solo cosa si fà, ma anche se esso serve a raggiungere il proprio scopo. Sarà più appagante per la propria coscienza stare in un partito di sinistra ocn una ideologia forte, ma quanto si può cambiare la società se non si ha neanche rappresentanza parlamentare?
Se ognuno dovesse creare scissioni ogni volta che non la pensa come gli altri del suo stesso partito, ognuno dovrebbe costruirsi un suo proprio partito. E' il principio del "divide et impera" che non ha mai permesso la costruzione di una partito socialista in italia, dai tempi di Sargat e Nenni, o Craxi e il PSDI. In Italia la sinistra è sempre stata contraddistinta da una predilezione per la scissione rispetto alla ricerca di comprometti. Divisi siamo stati e saremo sempre deboli. Risultato: Berlusconi.