lunedì 17 marzo 2008

La TV in Italia: un palinsesto a reti unificate

Analogico, digitale terrestre, digitale satellitare, web-tv, dvb-h (la tv sul cellulare per intenderci) e chi più ne ha più ne metta. Al di là di tutti questi nomi altisonanti, il grosso del sistema televisivo italiano, almeno in termini di ascolto e di introiti pubblicitari, è in mano a due soli soggetti, Rai e Mediaset. Lo stato di duopolio di fatto è stato cristallizzato dalla legge Gasparri, grazie alla quale, i due operatori si sono aggiudicati la gran parte degli spazi resisi disponibili grazie alle moderne tecniche di trasmissione, come il digitale terrestre. Purtroppo la politica, invece di riflettere sul modo di rendere accessibile il nuovo mezzo, ha ritenuto opportuno perseguire, spesso in modo demagogico, il trasferimento di questa o quella rete sul satellite. La tecnologia digitale consente di moltiplicare i canali televisivi tradizionali; forse prima di ipotizzare di trasferire una delle vecchie reti sul satellite, si sarebbe potuto, più verosimilmente, pensare alla liberalizzazione degli spazi nuovi che si sono creati. Mi spiego: se da un canale analogico ne nascono, con le stesse frequenze, 3-4-5 digitali, non sarebbe più logico, stabilire che alcuni di questi nuovi canali vadano a nuovi editori, piuttosto che mandare in soffitta il vecchio canale?
Ma veniamo al vero gigante malato della televisione, la Rai. Per decenni è stata vittima di logiche spartitorie da parte dei partiti della Vecchia e Nuova Repubblica. Verrebbe da dire che è questo il motivo per cui ci sono così pochi giovani che lavorano in Rai o che guardano la Rai. D’altronde vista la vetustà della classe politica, come può essere vicino ai giovani uno dei suoi principali bottini elettorali?
In un tale clima sembra quasi scontata la mancanza di pluralismo e di qualità dei contenuti. Ma per quanto questi siano carenti la soluzione “leggete un buon libro” sembra un modo di eludere il problema. La verità è che i contenuti dei programmi e i programmi stessi sono talvolta molto discutibili, ma forse la soluzione non è chiudere gli occhi, quanto imparare a osservare con coscienza critica.
In conclusione sebbene lo scarso livello dei contenuti sia un problema anche culturale, l’avere una televisione pubblica libera dai partiti e libera di concorrere sul mercato, e un sistema più accessibile a nuovi soggetti, può senz’altro facilitare la libera espressione e divulgazione delle opinioni.

Alessandro Marinucci

2 commenti:

Luigi ha detto...

"La TV è il cesso degli occhi" taglia corto Oliviero Toscani, ed io che non ne possiedo neanche una non la penso molto diversamente. Un erasmus senza televisione mi ha disintossicato e, se ci penso, i programmi che ricordo con piacere restano sulle dita di una mano: I Simpson, Scrubs, Mai dire domenica, Friends...troppo pochi dopo un'adolescenza davanti allo schermo! Un libro, invece, a volte ti cambia la vita.

Anonimo ha detto...

Tutto quello che dici, Alessandro, è verissimo. E la prova l'abbiamo proprio nel caso "Di Stefano". E' l'editore di Europa 7 e gli era stato conferito il diritto di trasmettere sulle frequenze di rete4. La legge Gasparri ha bloccato tutto e, dopo vari ricorsi - e vari governi, anche! - da qualche mese la corte di giustizia europea ha ulteriormente riconosciuto a europa 7 il diritto di trasmettere al posto di rete 4.
Un dei grandi problemi è: che figura abbiamo fatto di fronte all'Europa?
L'Italia è fra gli ultimi Paesi al mondo per l'informazione. La libera espressione e divulgazione delle opinioni è una necessità!!! Non credo che se ne possa fare a meno in nessun posto e in nessun momento, ma qui ed ora è senz'altro imprescindibile per la crescita del nostro Paese. Giovanni.